Trama:
Un gruppo di amici riceve delle strane telefonate. Tutte sono senza risposta e nella segreteria c�� un messaggio in cui si sente la voce del proprietario del telefonino. Ma la cosa pi� inquietante � che la data della telefonata risale sempre ai giorni immediatamente successivi al ricevimento del messaggio...
Recensione:
Nel 1998 Hideo Nakata non gir� soltanto un film, il celeberrimo e multiclonato �Ringu�, ma apr� la strada al pi� sotterraneo e incisivo sottogenere degli ultimi anni: il J-horror. Grazie ai fans e alla rete, il film fece presto il giro del mondo, preceduto da tutti i brividi del caso, quelli che solitamente accompagnano una scoperta. In quel filone si cimentarono molti registi asiatici, e ciascuno diede il proprio contributo alla breve ed intensa stagione dell�horror nipponico, anche il cinema coreano e quello tailandese si unirono alle danze estendendo il contagio. Nel mare di pellicole che in quel periodo invasero il mercato �The Call� (Chakushin Ari) di Miike Takashi pass� giustamente inosservato, non essendo n� un capolavoro, n� l�innovazione che il genere stava gi� invocando da tempo. In seguito alla fama internazionale emersero presto tutta una serie di cloni e remakes pi� o meno ufficiali, che inaridirono velocemente il neonato filone. Ma il colpo finale al genere, a mio avviso fu sferrato dai produttori americani, che dal primo �The Ring� fino a questo ultimo �One Missed Call� hanno implacabilmente distrutto il solo motivo di interesse che tale filone poteva contenere: la caratterizzazione culturale. Il motivo del successo dei primi j-horror stava appunto nel fatto che il tutto aveva una sinistra provenienza esotica. I morti che non solo si rifiutavano di restare tali, ma che addirittura infestavano videocassette, telefonini, computer e quant�altro facevano spavento per l�incomprensibile rancore e l�insospettata vitalit�, caratteristiche ormai scomparse da tempo negli horror nostrani.
Purtroppo anche questo �One missed call� non sfugge alla regola che impone ai remakes americani lo sbiancamento culturale e il rimasticamento dei contenuti, divenuti bolo predigerito a favore di un pubblico di adolescenti gi� duramente provati dalla digestione di un big mac.
La storia scivola senza grossi sobbalzi su binari precostituiti, senza neanche l�ombra di un colpo di scena, n� il minimo indizio su dove si voglia andare a parare, e curiosamente seguendo anche le inquadrature dell�originale, riesce a spogliare quest�ultimo del fugace fascino dato dall�allora innovativo schermo di un telefonino che riproduce l�immagine del suo proprietario in preda al terrore.
Ma secondo me il punto pi� basso, o pi� esilarante se uno avesse voglia di riderne, viene toccato nella scena dell�esorcismo che, traslata dall�originale diviene una parodia dei telepredicatori americani ed un�involontaria critica alla loro inefficacia.
Le successive scene dell�ospedale e quelle del ritrovamento seguono pedissequamente il film di Miike, senza per� l�estro che aveva costituito la base del lavoro originale, e neanche l�ombra della sua tensione.
Ma non bisogna fraintendere questa mia analisi, insomma se uno non avesse mai visto n� sentito parlare del j-horror potrebbe trovare anche interessante, se non innovativo un branco di ragazzi braccati da un morto attraverso il telefonino. Il punto � che da quando il primo film � stato girato molte cose sono cambiate e se non ci stupiamo pi� di nulla � anche grazie al fatto che le vecchie angosce sono ritornate passando dall�Asia, stavolta cavalcando la tecnologia e invadendo cos� gli spazi lasciati liberi dalla nostra mancanza di immaginazione.
E se di mancanza di immaginazione vogliamo parlare � proprio arrivato il momento di chiederci se davvero sentiamo la necessit� di guardare l�ennesima riscrittura del talento altrui, ad opera del solito produttore affamato di soldi e a corto di idee originali.