Recensione:
Il genocidio degli ebrei raccontato con gli occhi di un bambino. Tratto dall'omonimo romanzo di John Boyne, �Il bambino con il pigiama a righe� potrebbe definirsi l'ennesima trasposizione cinematografica di qualche opera cartacea dedicata all'orrore dell'Olocausto, se non fosse per l'impostazione del tutto innovativa e originale utilizzata dal regista Mark Herman, ripresa dal libro stesso. Il nazismo raccontato da Bruno (Asa Butterfield), bimbo di un ufficiale nazista di soli otto anni, amico di Shmuel (Jack Scanlon), coetaneo ebreo rinchiuso nel campo di concentramento poco lontano dalla sua nuova casa. �Il bambino con il pigiama a righe� � il manifesto del valore dell'amicizia al di l� di confini e nazionalit�, perch� �Prima o poi tutti torneranno d'accordo� a detta dello stesso Bruno.
Se la versione cartacea utilizza un registro linguistico tipico dei bambini, a scapito della bont� stilistica del racconto, la versione su celluloide snoda il plot attraverso fattezze e parole di Bruno, che nella sua ingenuit� � convinto che l'amico Shmuel stia giocando con i suoi amici all'interno della campo di sterminio.
Tuttavia, la drammaticit� � affidata alla madre, interpretata da Vera Farmiga (The Departed � Il bene e il male) che, resasi conto di quali falle possieda l'ideologia tedesca, lentamente lacera il legame con il marito soldato David Thewlis (Harry Potter e l'Ordine della fenice) reo di essere eccessivamente ligio a una nazione che comanda e legittima l'omicidio.
Ritmo lento e musiche profonde avvolgono lo spettatore, trascinandolo in un tristissimo e commovente finale dove, oltre all'incredulit� per la tematica dell'Olocausto, si aggiunge una riflessione su quanto siano l'ingenuit� e la bont� infantile a far le spese delle responsabilit� mancate degli adulti.