Crash: trama e recensione

Crash
Titolo originale: Crash
Produzione: Usa
Durata: 100
Genere: Drammatico
Regia: David Cronenberg
Uscita: 1996-08-01
Attori principali: James Spader, Holly Hunter, Elias Koteas, Deborah Unger, Rosanna Arquette
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- Voto: 7.1/10 (18 voti)

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Trama:
Il regista pubblicitario James Ballard (James Spader) vive in maniera insolita l'esperienza di un incidente d'auto e scopre, in seguito ad esso di aver associato il piacere sessuale agli scontri automobilistici. James inizia una relazione atipica con la dottoressa Helena Remington (Holly Hunter), che nello stesso incidente ha perduto il marito e riesce nel contempo a contagiare la moglie Catherine (Deborah Unger) in un delirio da sessualit� terminale che si esprime attraverso scambi di coppia. In uno di questi l'uomo subisce il fascino di Vaughan (Elias Koteas), che ha l'hobby delle ricostruzioni di famosi incidenti ed il cui sogno � l'incontro attraverso un frontale con Elizabeth Taylor.
Recensione:
E' passato abbastanza tempo dall'uscita di questo film perch� le incitazioni al rogo in nome della pubblica morale siano state se non dimenticate, per lo meno superate da urla originate da pi� recente indignazione. Ora possiamo dire che in definitiva Cronenberg ha solo fatto un gran lavoro, non � per niente facile tradurre in immagini i deliri di uno dei pi� controversi scrittori del secolo e Ballard � ancora adesso un cantore disilluso delle infinite possibilit� di deriva umana. Certo rappresentare una sessualit� iperattiva dietro i vetri del prolungamento fallico per eccellenza, l'auto, deve essere sembrato davvero troppo a tutti gli adoratori dell'ultimo modello in commercio. Ma � proprio qua che Ballard e Cronenberg si incontrano e celebrano lo stato terminale delle ambizioni consumistiche, che non portano la felicit� come promesso dagli spot, ma a volte possono condurre ad un apice eiaculatorio che si fa materia attraverso l'impatto, Crash per l'appunto. E se nel libro le parole erano forti, e lo sono ancora, di certo le immagini non sono da meno, quindi le rappresentazioni di famelici amplessi, come quelle di feticistiche riproduzioni di incidenti o le fantasie voyeristiche messe in atto con una freddezza che richiama il metallo, non sono altro che il fine ultimo di chi deve per forza richiamare l'attenzione su un pericolo, quello poi avveratosi della progressiva meccanizzazione dell'io che si fa negazione della morte, attraverso il mancato riconoscimento della paura e la celebrazione della velocit� come fine ultimo, ma per correre dove, poi nessuno lo sa. In Crash la morte � il fantasma ultimo che viene mascherato da una sessualit� iperattiva, che nega la sua esistenza, in contrapposizione con essa e che alla fine diventer� il veicolo del contagio, come nel Demone Sotto la Pelle. Crash � un fantastico esempio di quello che in Cronenberg � divenuto celebrazione del diverso, un discorso iniziato anni fa con i primi film e che � sfuggito ai pi� in favore di una facile individuazione di una tematica di superficie come quella della poetica della nuova carne. La chiave di lettura di Crash � da ricercarsi in un desiderio di rappresentare i riti di passaggio nel corso della vita, unico meccanismo per riconoscere la crescita individuale e sicuro termometro della nostra direzione. Tutto il film � incentrato sulla sopravvivenza del mito alla morte violenta, in questo senso i protagonisti del film vivono tutti un tempo preso a prestito, dunque territorio assoluto del mito. Il rito dell'incidente stradale � la chiave per accedere al mondo mitico rappresentato, la sessualit� � il mezzo per affermare la propria sopravvivenza e il modo per celebrare il tempo in pi� che i protagonisti sottraggono alla morte. La chiave d'accesso per comprendere al meglio il discorso sul rito di passaggio � nella rappresentazione dell'incidente di James Dean. La morte di Dean lo ha consegnato al mito, i protagonisti del film, in quanto sopravvissuti ad un incidente d'auto sono essi stessi mitici, nel senso che hanno in comune sia la sopravvivenza che la menomazione, ma sono anche coscienti che per entrare nel mito bisogna aver avuto un'esperienza che, in qualche modo gli ha cambiato la vita, la rappresentazione ha la valenza di acclamare chi riesce a sopravvivere pi� volte, sia all'incidente in s� che al passaggio attraverso l'esperienza mitica che simula la morte, il cui superamento li fa sentire vivi e non pi� mortali, non immortali per�, la differenza sta nel fatto che loro possono morire, ma non ne sentono pi� la paura. Detto questo bisogna richiamare l'attenzione sul fatto che il gioco iniziato da Ballard e proseguito poi da Cronenberg � quello di scardinare le icone consumistiche che, anche oggi, ci danno l'illusoria momentanea sicurezza di essere qualcuno, un qualcuno talmente unico da trascendere, attraverso l'uso degli oggetti celebrati dalla pubblicit�, il nostro destino ultimo. Se l'auto in Ballard/Cronenberg non � pi� il veicolo del prestigio sociale e fantasmaticamente la celebrazione delle proprie intime dimensioni, allora forse si pu� vedere meglio che dietro le nostre convinzioni circa i bisogni primari, si nasconde una manipolazione. Ed � a questo punto che i due ci lasciano a riflettere, una riflessione molto difficile sulle reali possibilit� di trovare noi stessi sotto il marasma di convinzioni indotte che ancora oggi ammorbano la nostra esistenza.
Voto: 8,0
Anna Maria Pelella

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